Le malattie tabellate sono anzitutto delle malattie professionali ovvero delle patologie che possono colpire il lavoratore nello svolgimento della propria mansione. Queste malattie possono derivare direttamente dall’attività in concreto svolta dal lavoratore oppure dall’ambiente in cui il lavoratore si trova ad operare (c.d. rischio ambientale).
Nel nostro Paese i datori di lavoro per tutelare i lavoratori dalle malattie professionali e dagli infortuni sul lavoro devono obbligatoriamente assicurare i propri dipendenti presso l’INAIL (Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), l’Ente che gestisce l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Al verificarsi di un evento di infortunio o al manifestarsi di una malattia professionale, l’INAIL eroga al lavoratore delle prestazioni sanitarie ed economiche.
Le malattie professionali riconosciute dall’INAIL sono suddivise in due gruppi quelle tabellate e quelle non tabellate.
Le malattie si dicono tabellate in quanto sono incluse nelle tabelle previste dalla legge, allegate al DPR n. 1124/1965. L’elenco delle malattie tabellate viene costantemente aggiornato attraverso l’adozione di Decreti Ministeriali. L’ultimo aggiornamento è intervenuto con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 10 giugno 2014.
Le malattie tabellate sono divise ex lege in due gruppi uno per il settore dell’industria, in cui sono incluse 85 malattie e un altro per l’agricoltura in cui figurano 24 malattie. Nelle tabelle oltre alle malattie sono indicate le lavorazioni ad esse associate e il periodo massimo di indennizzabilità della malattia dalla cessazione del lavoro.
Il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 27 aprile 2004 ha poi suddiviso le malattie tabellate in tre liste a seconda della loro probabilità di origine lavorativa.
Nella prima lista sono state elencate le malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità, come ad esempio alcuni tumori, ad esempio il tumore della cute, del polmone e della vescica causati dall’esposizione all’arsenico o il tumore del polmone, il mesotelioma pleurico e il tumore della laringe causati dall’esposizione all’asbesto, o l’ernia discale lombare causata dalla movimentazione manuale dei carichi eseguita con continuità durante il turno lavorativo.
Nella seconda lista sono invece incluse le patologie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità, come ad esempio la tendinite del tendine d’Achille, la sindrome del tunnel tarsale per traumi e posture incongrue a carico del piede.
Nella terza lista figurano le malattie la cui origine lavorativa è possibile come ad esempio i microtraumi e posture incongrue degli arti superiori per attività eseguite con ritmi continui e ripetitivi per almeno la metà del tempo del turno lavorativo.
Per le malattie tabellate esiste una presunzione legale sulla loro origine professionale, ciò significa che all’insorgere di questa malattia il lavoratore, per ottenere dall’INAIL le prestazioni sopra citate, dovrà semplicemente dimostrare:
- di essere affetto dalla malattia;
- di aver svolto delle mansioni che l’hanno esposto al rischio di contrarre tale malattia;
- di aver denunciato la malattia entro il periodo massimo di indennizzabilità indicato nella tabella (ovvero entro un determinato periodo dalla cessazione dell’attività rischiosa).
Il lavoratore in questo caso dunque non ha l’onere di dimostrare l’origine professionale della malattia in quanto è per legge si presume che essa sia di origine professionale.
Tale presunzione è superabile soltanto con la rigorosa prova contraria che deve fornire l’INAIL che la malattia è stata determinata da cause extra-professionali capaci di provocare da sole la malattia.
Se il lavoratore contrae una malattia non tabellata (e quindi non inclusa nelle tabelle legislative) quest’ultimo per ottenere dall’INAIL il riconoscimento dell’origine professionale della stessa dovrà dimostrare che la patologia da cui è affetto, pur non essendo inclusa nelle tabelle, è stata comunque causata dalle mansioni alle quali era adibito ovvero dalle condizioni dell’ambiente in cui svolge o svolgeva la propria professione.