Il danno esistenziale va sempre valorizzato.
Il danno esistenziale viene costantemente riconosciuto come danno risarcibile. Ciò accade nell’ipotesi in cui il danno sia la conseguenza di un sinistro stradale, di un caso di errore medico o ad esempio di un infortunio sul lavoro.
Anche la Corte di Cassazione ha ribadito che i danni esistenziali costituiscono pregiudizi risarcibili “purché conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona” (Cass. civ., Sez. III, n. 10527 del 13 maggio 2011).
Tale violazione si verifica “ad esempio in caso di sconvolgimento della vita familiare provocato dalla perdita di congiunto (c.d. danno da perdita del rapporto parentale), in quanto il “pregiudizio di tipo esistenziale” consegue alla lesione dei “diritti inviolabili della famiglia (artt. 2, 29 e 30 Cost.)” (così Cass. civ., S. U., 11 novembre 2008, n. 26972).
Ciò significa che in presenza di danni ingiusti, quali quelli conseguenti alla perdita di un congiunto a seguito di un errore medico o di un incidente stradale ovvero ancora di un infortunio sul lavoro, il danno esistenziale va risarcito in quanto costituisce la sofferenza conseguente alla lesione di diritti inviolabili in quanto costituzionalmente garantiti.
Prosegue nella propria disamina la sentenza che stiamo commentando, affermando che “in tali ipotesi, vengono in considerazione pregiudizi che, attenendo all’esistenza della persona, per comodità di sintesi possono essere descritti e definiti come esistenziali, senza che tuttavia possa configurarsi una autonoma categoria di danno” (cfr. Cass. civ., S. U., 11 novembre 2008, n. 26972).
Così come altri pregiudizi di tipo esistenziale, attinenti alla sfera relazionale della persona ma non conseguenti a lesione psicofisica, e quindi non rientranti nell’ambito del danno biologico (comprensivo, secondo giurisprudenza ormai consolidata, sia del c.d. danno estetico che del c.d. danno alla vita di relazione), sono risarcibili, si è ulteriormente sottolineato dalla Sezioni Unite, ove “conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona diverso dal diritto alla integrità psicofisica”.
Normalmente, il danno esistenziale, inteso come generale peggioramento della qualità della vita del danneggiato viene ricompreso nella liquidazione del danno biologico e nel relativo danno morale o nella personalizzazione del biologico.
La Cassazione osserva infatti che “in tal senso è da intendersi invero la statuizione secondo cui il ristoro della sofferenza morale non può risarcirsi più volte, allorquando essa non rimanga allo stadio interiore o intimo ma si obiettivizzi, degenerando in danno biologico o, come nella specie, in pregiudizio prospettante profili di tipo esistenziale.” Conseguentemente “In presenza di una liquidazione del danno morale che sia cioè stata espressamente estesa anche ai profili relazionali, nei termini propri del danno cd. esistenziale è allora senz’altro da escludersi la possibilità che, in aggiunta a quanto a titolo di danno morale già determinato, venga attribuito un ulteriore ammontare al (diverso) titolo di danno esistenziale (cfr. Cass. civ., 15 aprile 2010, n. 9040).”
Dunque, qualora il danno morale sia esplicitamente esteso, nella valutazione del giudice che lo riconosce, anche agli aspetti relazionali ovvero a quelli relativi ai diritti costituzionalmente garantiti, del pregiudizio patito dal danneggiato quale conseguenza del fatto ingiusto di cui è rimasto vittima, allora esso non può essere ulteriormente ampliato a ricomprendere altre somme a titolo di ristoro, né può essere affiancato da altra voce autonoma di danno, appunto quale danno esistenziale.
“Così come deve del pari dirsi nell’ipotesi di liquidazione del danno biologico effettuata avendosi riguardo anche a siffatta negativa incidenza sugli aspetti dinamico-relazionali del danneggiato.” Allo stesso modo quindi, il danno biologico che preveda in sé il ristoro per lo scadimento degli aspetti dinamico relazionali della vita del danneggia non può essere ulteriormente ampliato.
Tuttavia, prosegue l’analisi del supremo collegio, “laddove tali aspetti relazionali (del tutto ovvero secondo i profili peculiarmente connotanti il c.d. danno esistenziale) non siano stati invece presi in considerazione, dal relativo ristoro non può invero prescindersi” (cfr. Cass., S. U., 11 novembre 2008, n. 26972 e Cass. civ. 17 settembre 2010, n. 19816).
Ciò significa che nella liquidazione sia del danno biologico che del relativo danno morale si deve sempre e obbligatoriamente considerare l’incidenza del danno esistenziale.
Quindi, pur non potendo rappresentare un’autonoma voce di danno, il pregiudizio esistenziale in senso completo rappresenta sempre e necessariamente una componente nella determinazione dell’ammontare del danno biologico e di quello morale.