Se ti sei ammalato a causa del tuo lavoro ti aiutiamo ad ottenere il risarcimento dal datore di lavoro e l’indennizzo dell’INAIL
Quando si parla di malattia professionale o tecnopatia ci si riferisce ad una patologia contratta nell’esercizio e a causa delle lavorazioni a cui è (o era) adibito il lavoratore, la cui causa agisce in modo lento e progressivo sull’organismo. Questa malattia è dunque causata dall’esposizione del lavoratore a specifici rischi correlati al tipo di professione, come ad esempio il contatto con polveri e sostanze nocive, il rumore, le vibrazioni o le radiazioni.
Il rischio professionale può risiedere nella mansione a cui è adibito il lavoratore oppure dall’ambiente in cui quest’ultimo svolge la sua professione in questo caso si parla di “rischio ambientale”.
La causa “lavorativa” della patologia deve essere diretta ed efficiente e quindi in grado di produrre l’infermità in modo esclusivo o prevalente. Per poter affermare l’origine professionale di una malattia è necessario che tra lo svolgimento dell’attività lavorativa e la malattia ci sia un rapporto di causa-effetto diretto o almeno concausale.
Il riconoscimento dell’origine professionale della patologia attribuisce al lavoratore il diritto di ottenere dall’INAIL la corresponsione di un indennizzo che consiste in una prestazione in denaro. A seconda della patologia l’Istituto può erogare al soggetto anche delle prestazioni di natura assistenziale come ad esempio cure ambulatoriali, termali, soggiorni climatici ovvero la fornitura di protesi e presidi medici.
Se poi il lavoratore ha la prova che il datore di lavoro non ha rispettato le cautele imposte dalla legge a tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti sul luogo di lavoro e se la malattia professionale gli ha causato un’invalidità permanente, avrà diritto di chiedere al datore il risarcimento dei danni ulteriori rispetto al danno biologico già indennizzato dall’INAIL, ovvero il danno differenziale. In questo caso il lavoratore ha diritto al risarcimento dell’intero danno patito.
Se il datore di lavoro nega la sua responsabilità il lavoratore può fargli causa in sede civile per ottenere la sua condanna al risarcimento integrale del danno.
Se tu o un tuo familiare siete stati colpiti da una malattia e ritenete che possa essere stata causata dall’esercizio della vostra professione potete contattarci al numero verde 800 034 223.
Il nostro team di esperti provvederà ad analizzare il caso per comprendere se ci sono i presupposti per chiedere all’INAIL il riconoscimento dell’origine professionale della patologia e se si potrà agire anche contro il datore di lavoro responsabile per non aver adottato le prescrizioni poste dalla legge a tutela della salute dei lavoratori.
Qui sotto trovi un breve approfondimento sulle malattie professionali e qualche consiglio pratico per gestire la situazione.
Malattie professionali tabellate e non tabellate
Nel nostro Paese le malattie professionali si possono suddividere in due gruppi:
- a) malattie tabellate così dette perché sono incluse in apposite tabelle legislative (ne esiste una per l’industria e una per l’agricoltura). Nelle tabelle sono indicate anche le lavorazioni che possono provocare l’insorgenza delle malattie professionali e viene fissato per ogni patologia il termine massimo dalla cessazione dell’attività lavorativa rischiosa entro il quale si può denunciarne all’INAIL l’insorgenza (c.d. “periodo massimo di indennizzabilità”). Per saperne di più vai all’approfondimento “Cosa sono le malattie tabellate?”;
- b) malattie “non tabellate” perché non inserite nelle tabelle predisposte ex lege.
Malattie tabellate e presunzione legale d’origine
Per le malattie professionali tabellate esiste una presunzione sulla loro origine lavorativa (c.d. “presunzione legale d’origine”), ciò significa che all’insorgere di una malattia inclusa nelle tabelle il lavoratore, per ottenere dall’INAIL l’indennizzo e le prestazioni assistenziali, dovrà semplicemente dimostrare di:
- essere affetto dalla malattia tabellata;
- aver svolto delle mansioni che l’hanno esposto al rischio di contrarre tale malattia;
- aver denunciato la malattia entro il periodo massimo di indennizzabilità indicato nella tabella (ovvero entro un determinato periodo dalla cessazione dell’attività rischiosa).
Il lavoratore in questo caso dunque non ha l’onere di dimostrare l’origine professionale della malattia in quanto è per legge si presume che essa sia di origine professionale.
Se l’INAIL intende negare il riconoscimento dell’origine professionale a una malattia tabellata deve provare in modo molto rigoroso che la patologia è stata causata da un fattore extra-lavorativo tale da interrompere il nesso causale fra lavoro e patologia. Si tratta di una prova molto difficile da fornire.
Malattie non tabellate: necessità di provare la causa lavorativa
Se il lavoratore contrae una malattia professionale non tabellata (e quindi non inclusa nelle tabelle legislative) per ottenere dall’INAIL il riconoscimento dell’origine professionale dovrà dimostrare la correlazione dell’insorgenza della malattia con l’attività lavorativa svolta.
In questi casi, dovrà provare che la patologia da cui è affetto, pur non essendo inclusa nelle tabelle, è stata comunque causata dalle mansioni alle quali è adibito ovvero dalle condizioni dell’ambiente in cui svolge o svolgeva la propria professione.
Ad esempio se il lavoratore soffre di una patologia cronica alla spina dorsale può dimostrare che essa è dovuta a causa del lavoro perché è stato adibito a mansioni di carico /scarico di merci che l’hanno costretto a movimentazione di carichi molto pesanti. In caso di diagnosi di una ipoacusia, malattia anch’essa non tabellata, il lavoratore può dimostrare che essa è dovuta a causa di lavoro se prova di essere stato esposto nel corso delle sue mansioni in maniera continuativa al rumore.
Prescrizione del diritto al riconoscimento della malattia professionale
Il termine per denunciare all’INAIL l’insorgenza di una malattia causata dal lavoro per il lavoratore o ex lavoratore è di 3 anni e 150 giorni. Il termine inizia a decorrere dalla data della diagnosi della malattia.
Dopo aver ricevuto la richiesta di riconoscimento della malattia l’Istituto avvia una procedura allo scopo di accertare l’effettiva esistenza della patologia e la sua origine professionale. Se l’attività di verifica si conclude positivamente il lavoratore ha diritto di ottenere dall’INAIL le prestazioni assistenziali o economiche previste dalla legge. Per saperne di più.
Cosa fare se l’INAIL nega il riconoscimento della malattia professionale?
Può accadere che l’INAIL non riconosca l’origine professionale della malattia. In questo caso invia al lavoratore una comunicazione di rigetto della sua richiesta.
La decisione negativa dell’INAIL non è definitiva, il lavoratore può infatti chiedere all’Istituto il riesame della sua richiesta, presentando un apposito ricorso amministrativo attraverso il quale avvia un procedimento di “opposizione amministrativa”.
La richiesta di riesame contenuta nel ricorso in opposizione va inviata alla Sede dell’INAIL che ha negato il riconoscimento dell’origine professionale della malattia. Di solito questa sede coincide con quella in cui il richiedente assicurato ha il domicilio.
Se ti è stato negato il riconoscimento della malattia professionale e pensi che non sia giusto, contatta gli avvocati del nostro studio legale, valuteranno il caso senza costi per te e ti faranno sapere in tempi certi e rapidi se ci sono i presupposti per fare opposizione.
Come e entro quanto inviare l’opposizione all’INAIL?
Il ricorso avverso il provvedimento negativo dell’INAIL può essere inviato con raccomandata A.R. o con un messaggio di posta elettronica certificata (PEC).
Il termine per l’invio dell’opposizione è di 60 giorni dalla data in cui il lavoratore ha ricevuto la comunicazione della decisione negativa da parte dell’Istituto.
È bene ricordare che il termine di 60 giorni per fare opposizione non è perentorio: l’INAIL accetta, esamina nel merito e decide comunque i ricorsi in opposizione arrivati oltre il termine, ma a condizione che arrivino entro il termine di 3 anni e 150 giorni dalla diagnosi della malattia che si presume di origine professionale.
L’INAIL potrebbe rigettare il ricorso in quanto non adeguatamente motivato, ritenendolo inammissibile. Per non rischiare il rigetto è consigliabile formulare specifiche censure e indicare precisi elementi di contestazione del provvedimento che ha negato l’origine professionale della malattia. È opportuno allegare al ricorso certificazioni mediche specialistiche e se possibile un parere medico-legale sul caso specifico che illustri in modo chiaro e da un punto di vista scientifico i motivi per cui la malattia è stata causata dal lavoro.
Insieme all’opposizione il lavoratore, oltre alla richiesta di revisione del provvedimento contestato, ha la facoltà di chiedere all’INAIL la convocazione di una “Collegiale medica” una modalità di trattazione dell’opposizione che non è prevista da norme di legge, ma si è affermata nella prassi.
In sintesi, il lavoratore viene sottoposto a una visita dai medici incaricati dall’INAIL e dal proprio medico legale di fiducia. Questa visita ha la finalità di effettuare una valutazione medica specialistica congiunta sulle problematiche sanitarie in contestazione: ad esempio l’origine professionale della patologia o l’entità dei postumi permanenti.
È importante sapere che l’esito della visita collegiale non è vincolante, pertanto il lavoratore che non è convinto del responso dell’INAIL dopo la visita collegiale potrà fare causa all’INAIL.
Oltre che nel caso di esito sfavorevole del procedimento di opposizione il lavoratore può convenire in giudizio l’INAIL anche se l’Istituto non gli invia una risposta nel termine di 60 giorni dalla notifica dell’opposizione.
Il ricorso giudiziale contro l’INAIL
L’Autorità Giudiziaria competente a decidere la causa del lavoratore contro l’INAIL è il Tribunale del Lavoro, ai sensi dell’art. 111, D.P.R. n. 1124/1965 e ss.mm.ii..
Il termine per instaurare un giudizio contro l’INAIL è di 3 anni e 150 giorni dal giorno in cui è stata diagnosticata la malattia di origine professionale (ad esempio il mesotelioma pleurico o la silicosi).
Il lavoratore che intende fare causa all’Istituto dovrà farsi assistere da un avvocato specializzato nella materia. Il legale, dopo aver esaminato i documenti del caso che gli ha fornito il Cliente, scriverà un ricorso lo depositerà nella cancelleria del Giudice del Lavoro territorialmente competente, ovvero quello della sede INAIL che ha emesso il provvedimento sfavorevole. Insieme al ricorso andranno depositati i documenti idonei idonea a provare la fondatezza della richiesta di riconoscimento dell’origine professionale della patologia contratta dal lavoratore: ad esempio il libretto di lavoro, i documenti che attestano il rischio lavorativo che ha causato l’insorgenza della malattia, foto del luogo di lavoro.
Per decidere le cause di questo genere il Giudice del Lavoro nella maggior parte dei casi nomina dei consulenti tecnici, periti industriali e medici-legali, con il compito di accertare se le mansioni a cui era in concreto adibito il lavoratore e lo specifico rischio lavorativo a cui era esposto possono essere considerati quali cause della malattia che l’ha colpito. Le conclusioni del consulente tecnico nominato dal Giudice, se ben motivate e argomentate, verranno condivise dal Giudice che le inserirà nella motivazione della sua decisione.
In altri casi, per comprendere quali erano in concreto le mansioni del lavoratore ricorrente oltre alla consulenza tecnica, il Giudice sente come testimoni dei colleghi o degli ex colleghi di lavoro.
In caso di pronuncia favorevole l’INAIL viene condannato all’erogazione delle prestazioni assistenziali ed economiche previste dalla legge, in favore del lavoratore.
Se viceversa la sentenza è invece sfavorevole il lavoratore potrà appellarla avanti la Corte d’Appello in funzione di Giudice del Lavoro, formulando delle apposite censure la pronuncia del Tribunale.
Contattaci per saperne di più. Valutiamo il tuo caso senza bisogno che anticipi spese e costi.